Da Mineo con Garibaldi per l’Italia unita: vita di Salvatore Greco

di Leone Venticinque, per la Società di Studi Menenini

A Roma sul colle panoramico del Pincio, tra i tanti busti di marmo collocati per ricordare personalità insigni della storia nazionale, c’è anche un menenino che partecipò alla spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi. Nei pressi della Casina Valadier, su Viale del Belvedere (vedi mappa) è ancora al suo posto la statua di Salvatore Greco.
Al nome di Salvatore Greco (1835-1910) sono legati vari episodi delle lotte risorgimentali svoltesi in tutto il territorio nazionale e oltre: nei dintorni di Catania contro le forze borboniche nel maggio 1860, le battaglie di Messina, poi in Calabria e nel Lazio presso Roma; e ancora in Francia durante la guerra franco-prussiana e in Montenegro contro l’impero turco ottomano. I biografi sottolineano concordi il ruolo protagonista di Greco nell’organizzare le insurrezioni antiborboniche in tutta la Sicilia e le doti di combattente che nel 1876 gli valsero la promozione al grado di colonnello.
In gioventù, studente di chimica a Catania, era stato perseguitato a causa delle proprie idee filoitaliane. Nella vita civile e in battaglia, specialità di Salvatore Greco era l’uso della spada. Si impegnò nell’addestramento militare dei volontari di Garibaldi e in seguito si stabilì a Roma dove fu da lui istituita nel 1878 una scuola di scherma.
Salvatore Greco muore a Roma il 10 febbraio 1910. La sua opera prosegue per iniziativa dei figli Aurelio e Agesilao, maestri di scherma. Agesilao Greco pubblica nel 1912 uno scritto sulla scherma, La spada e la disciplina.
Grazie a ricerche d’archivio condotte dalle sezioni dell’Archeoclub e della ProLoco di Mineo sono oggi note alcune informazioni biografiche aggiuntive. La famiglia Greco abitava a Mineo nel quartiere di San Pietro, sulla strada d’Itria. I genitori di Salvatore Greco furono Girolamo Greco, nato nel 1798, e Ignazia Mandrà, nata nel 1797. Dal matrimonio, celebrato in data ignota ma anteriore al 1820, nacquero sei figli maschi: Francesco di Paola, 5 ottobre 1820; Lucio, 28 settembre 1823; Andrea, 23 aprile 1826; Tommaso, 14 luglio 1828; Simone, 12 ottobre 1831; Salvatore, nato il 2 maggio 1835 e battezzato tre giorni dopo nella chiesa di San Pietro. Antenati di Salvatore Greco erano aristocratici, del casato dei Chiaramonte e lui stesso aveva il titolo nobiliare di Marchese di Valdina. In Italia due vie sono state dedicate a Salvatore Greco: una a Mineo e l’altra a Bezzecca, in Trentino, a ricordo delle sue imprese in quei luoghi. Nei pressi del Pantheon a Roma sulla facciata di una casa si trova una lapide dedicata al figlio Aurelio Greco, che in quel luogo abitò.

Nel suo Vita di Garibaldi, così Epaminonda Provaglio racconta le imprese di Salvatore Greco:
Salvatore Greco dei principi Chiaromonte, illuminato di pensiero, e di cui il magnifico rettore dell’Università catanese, prof. Vincenzo Casagrande scrisse che << si mostrò pronto a tutti i cimenti per la conquista dell’Ideale di Libertà e Giustizia, fu uno degli antesignani inviati da Dio nelle ore più solenni dei destini d’Italia; e però [perciò, N.d.R] la Società di Storia Patria della Sicilia Orientale (di cui egli è Presidente) sente di inchinarsi a lui >>. E il Duca della Vittoria, Armando Diaz, ricorda che a Salvatore Greco un alto posto tra gli eroi del Risorgimento meritamente ha assegnato la storia. Ma il prof. Pipitone Federico dell’Università di Palermo, nel narrare la vita di questo eroe, osserva che << opera degna è narrare di Lui, ora specialmente che un Regime coscientemente ed organicamente nazionale riannoda il pensiero >>.
Ma fra i tanti scrittori che celebrarono il Greco, sono da ricordare le memorabili parole scritte il 24 agosto 1860 dal venerando patriotta messinese Giovanni Interdonato, già Ministro della Guerra nel 1848, poi esule condannato a morte, ed infine Capo dello Stato Maggiore di Garibaldi, del quale fece parte il Greco. Lo Interdonato lasciò scritto che: Salvatore Greco da Mineo arrischiò la propria vita in mille incontri: giudizio altissimo che non fu mai esternato per altri, e specialmente nel fatidico anno 1860, inizio della guerra di liberazione, affermazione che fa pensare ai tanti precedenti nobili ardimenti del protagonista siciliano.
Egli nacque in Mineo nel 1835 – alpestre cittadina della provincia di Catania – da nobile famiglia che si ricollega coi Chiaromonte, famosi emuli dei re di Sicilia nel secolo XIV; e si spense in Roma il 10 febbraio 1910. Nell’aprile 1926 fu eretto un busto marmoreo in sua memoria a Roma sul Pincio, offerto dall’Associazione fra i siciliani residenti in Roma, presidente il professore dott. Vincenzo Nicoletti, per incarico dei rappresentanti delle città siciliane.
Francesco Crispi, ritornando nell’Isola, affrettava il movimento insurrezionale in senso unitario. L’infaticato cospiratore – che erasi recato in luglio del 1859 nella terra natìa con un passaporto di suddito argentino, e travagliavasi a soffiare nel fuoco della rivoluzione, incoraggiando, animando, insegnando il modo di preparare le bombe all’Orsini – si mise anche in contatto con Salvatore Greco, uno dei più forti e più audaci, ispirante molta fiducia, che nelle provincie di Siracusa e Caltanissetta aveva specialmente costituito parecchi comitati insurrezionali, preparando il terreno alla rivoluzione. Crispi fin da allora comprese di quale tempra eroica meravigliosa fosse dotato il Greco. E grandi speranze e molto assegnamento perciò fece sull’opera che avrebbe potuto svolgere quel sagace e indomito agitatore. Né alla fiducia del Precursore venne meno l’azione di Salvatore Greco, il quale, per il suo singolare entusiasmo ed energia, veniva ben presto messo a capo dei comitati d’azione nelle provincie di Catania, Caltanissetta e Siracusa, mentr’egli tenevasi in corrispondenza con Mazzini, con Francesco Riso, col barone Francesco Bentivegna, dopo la cui fucilazione, imprigionato e torturato anch’egli, erasi potuto salvare a stento.
Dalla fine del 1856, alla primavera sacra del 1860, l’attività rivoluzionaria del Greco, che aveva fatto il suo motto Italia una e Vittorio Emanuele, divenne incredibile. Egli era il capo riconosciuto del movimento rivoluzionario della Sicilia Orientale, prima e dopo lo sbarco di Garibaldi, venuto nell’Isola a cercarvi il cuore d’Italia. Uomo di mente e di azione, suggestionatore di masse, Salvatore Greco organizza l’insurrezione, e combatte alla testa delle squadre con coraggio leonino. Caduto da piombo borbonico nel primo attacco il patriota Poulet, comandante supremo degl’insorti, al Greco si deve la fuga, meglio che ritirata come i borbonici la battezzarono con accomodante eufemismo, del generale Clary di Catania, per un furioso attacco di quel Baiardo a capo d’una colonna d’insorti, intrepidi al fuoco: poiché, quando le munizioni delle squadre catanesi si erano esaurite e il Duce borbonico tenevasi sicuro della vittoria, anche per le sue soverchianti forze, l’intervento improvviso della colonna esigua, ma potente di audacia e di forza muscolare, che imbrandiva ogni arma, lanciatasi all’assalto con alla testa il Duce animatore, sgominava le schiere avverse. Onde fu visto lo spettacolo irresistibile di parecchie migliaia di aggerriti soldati, volgenti il tergo alla violenza irresistibile di duecento uomini appena, il 31 maggio 1860. Tale era l’impulso, l’entusiasmo, il fascino che sui volontari da lui comandati e a sue spese organizzati, esercitava quell’ariostesco Eroe.
Gravissimi moti reazionari scoppiavano intanto nei paesi etnei: Bronte, Biancavilla, Maletto. Bande di soldati borbonici fuggiaschi, di briganti, di assassini spargevano il terrore su quelle ridenti contrade commettendo delitti atrocissimi, abbandonandosi al saccheggio, nulla rispettando di umano o divino. Il comitato rivoluzionario di Catania, allora conoscendo ed apprezzando la ferrea tempra di Salvatore Greco, richiamavalo subito da Messina dove erasi recato a svolgere la sua attività patriottica, per affidargli l’arduo compito di domare quei moti. E l’incarico fu da quel valoroso asolto con la solita energia, esponendo la vita nei vari accaniti combattimenti che durarono dodici giorni e si chiusero con la sconfitta completa dei delinquenti, molti dei quali caddero negli aspri conflitti, mentre non pochi fatti prigionieri vennero puniti a norma della legge marziale, severissimamente.
Ripresi i suoi studi, conseguì la laurea in scienze mediche nell’ateneo catanese nel 1862. Ma egli, pel trionfo del suo ideale, fu sempre il condottiero e l’eroe garibaldino, pronto sempre all’azione in guerra e in pace: da Milazzo, ove fu uno dei più ardimentosi , al Volturno; dal Volturno ad Aspromonte, ove si condusse con un forte nucleo di volontari; e poi a Bezzecca nel 1866, fu pari sempre a se stesso. Slanciatosi colà fin sotto le mura di Trento, alla testa della sua colonna, e gravemente ferito nella strage del 21 luglio, venne travolto tra i cadaveri, e scampò alla morte per miracolo. E rieccolo l’anno appresso a Mentana, nella memoranda campagna che chiude il meraviglioso ciclo garibaldino dove, di nuovo ferito, suggella col sangue la fede costante nei destini d’Italia. Egli segue sempre il Redentore dei popoli oppressi, Giuseppe Garibaldi, che lo ama e lo ammira; né solo nell’azione lo segue, ma nei sentimenti, onde Garibaldi meritò di essere chiamato Cavaliere dell’Umanità.
<< E però [perciò, N.d.R.], non soltanto per la Patria Salvatore Greco cimenta la vita: – Cid Campeador novello – spontaneo accorre ovunque c’è una santa causa da sostenere. Così, nel 1870-71 egli è a Digione per l’indipendenza della Francia; nel 1876 lo trovaiamo Colonnello, alla testa di un forte nerbo di volontari da lui raccolti, nel Montenegro, che anela pure alla sua indipendenza. Né dalla lotta ei si ritrae, se non a guerra finita – degno figlio della nazione italiana, che nel 1821 aveva visto Santorre di Santa Rosa accorrere dal natio Piemonte nella Grecia, insorta contro la Mezzaluna, e lasciarvi la nobilissima vita.
<< Del periodo eroico in cui l’Italia sorse, fra epici eventi, che ai posteri nostri appariranno incredibili, gli rimasero, finché visse, amici i migliori. Lo predilessero Garibaldi e i suoi figli, e Canzio, Francesco Crispi, Cairoli e tanti altri, come prima: Interdonato, il barone Bentivegna, Francesco Riso, Rosolino Pilo, Giovanni Corrao. E quando a Roma si ritrasse per conchiudervi la operosa esistenza, i più insigni patriotti lo confortarono dell’affetto loro e della loro stima.
<< Non un articolo breve, quasi da giornale – che di necessità deve essere breve – ma una monografia occorrerebbe ad illustrare pienamente la figura ideale di questo magnifico rappresentante delle virtù eroiche di nostra stirpe la cui gesta si ricollega a tutta la storia del Risorgimento Nazionale, dalle cospirazioni alle rivolte, dal 1856 alla breccia di Porta Pia, oltrepassandola per il culto di quelle umane idalità cui sempre si affisarono gli Eroi >>.
Così l’on. Giuseppe Pipitone Federico parlava di questo generoso ed eroico figlio della Sicilia davanti a numeroso raduno al Teatro Argentina in Roma l’anno V dell’Era Fascista.

In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia l’Amministrazione del Comune di Mineo, nella persona dell’Assessore alla Cultura Dott.ssa Rosanna Leggio, sta lavorando su un progetto di celebrazione della figura di Salvatore Greco nella città di Mineo, con la possibilità di installazione di un monumento a lui dedicato.

Fonti e bibliografia:
– Archivio personale Sig. Agrippino Todaro, Mineo.
– Archeoclub Mineo.
– ProLoco Mineo.
Roma Virtuale.
“Salvatore Greco”, Wikipedia.
Accademia di scherma Musumeci Greco.
Episodi della rivoluzione siciliana del 1860. Vita eroica di Salvatore Greco dei Chiaramonte, Ferri, Roma, 1924.
– Giuseppe Pipitone-Federico, Una vita eroica, Salvatore Greco, Tipografia Mariotti, Roma, 1928.
– Epaminonda Provaglio, Vita di Garibaldi narrata al popolo, Firenze, Nerbini, 1932.
– Giuseppe Gambuzza, Mineo nella storia, nell’arte e negli uomini illustri, Caltagirone, Sicilgrafica, 1980; 1995, pp. 283-284.

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