Giuseppe Simili e il “partito siciliano” di Nunzio Nasi

[da “La Sicilia”, domenica 8 marzo 1987]

Un campione d’eloquenza dalla penna tagliente

di Sebastiano Catalano

Una grande personalità, che operò a Catania con straordinario successo nei primi due decenni di questo secolo, va oggi ricordato. Anche se non gli diede i natali, Catania è la patria d’elezione, la ribalta adeguata di Giuseppe Simili un titano dell’oratoria straordinaria, senza limiti e senza confini.
Brevi notazioni biografiche fino alla laurea. Giuseppe Simili nacque a Mineo il 17 febbraio 1865, da Silvestro e da Girolama Cirmeni. Dopo gli studi medio-superiori completati a Caltagirone a 18 anni, nel 1884 si iscrive nell’ateneo catanese a Giurisprudenza (matricola 196), al primo anno del corso biennale di Procuratore, dov’era iscritto anche Giuseppe De Felice Giuffrida, che pochi mesi dopo, il 3 maggio 1885, fu eletto per la prima volta consigliere comunale di Catania. Al termine dell’anno accademico 1885-86 otteneva la licenza di procuratore, ma continuava gli studi e nel luglio 1888 conseguiva la laurea “a pieni voti legali”.
Da quel momento iniziava l’attività professionale, che nei primi anni svolse nelle piccole preture di Mineo e di Militello. In quest’ultimo comune conobbe Mariannina Compagnini che sposò il 28 giugno 1891. La seconda tappa fu Caltagirone, dove si trasferì con la famiglia (erano già nati Girolama e Giuseppina) nel 1894, e fu per un biennio protagonista in quel tribunale. La sua notorietà allora non usciva dai confini del circondario.
A Caltagirone iniziava, in sordina, il rodaggio di una attività che a Catania, qualche anno dopo, avrebbe avuto come palestra diffusi quotidiani. Nella primavera del 1895 compilava e curava la stampa presso la tipografia Scuto del giornaletto ebdomadario “Sparlamento”, di formato piccolo ma denso di polemiche, di note e commenti corrosivi diretti esclusivamente nei confronti dei Majorana-Calatabiano, che consideravano il Collegio elettorale di Militello Val di Catania un feudo di famiglia e, quindi, trasmissibile dal padre senatore prof. Salvatore Majorana al figlio prof. Giuseppe, candidato nelle elezioni politiche di quell’anno. Il competitore era l’avvocato quarantenne Benedetto Cirmeni (eletto nelle precedenti elezioni del 6 novembre 1892), zio materno di Giuseppe, che riuscì vittorioso con ampio distacco (Cirmeni voti 1299, Majorana 473).
Nel 1896, Simili era venuto a Catania per un modesto affare professionale, mentre alla Corte di assise iniziava la rievocazione di un dramma sensazionale che aveva impressionato l’opinione pubblica; imputati i coniugi Sciuto-Pelosi. Fu associato alla difesa dell’imputata il giorno precedente la discussione. La donna, giovane e bellissima, era accusata di tentato omicidio nei confronti del dongiovanni che l’aveva corteggiata con insistenza. Il marito, farmacista, era imputato di istigazione del reato. Simili riuscì con la suggestione di un’oratoria vibrante a commuovere tutti. I due coniugi accusati, sanando i contrasti, si abbracciarono nella gabbia. L’oratore immediatamente invocò il perdono dalla parte civile, che suggestionata si avvicinò come un automa verso gli imputati. Seguirono l’assoluzione e il trionfo. Il giovane avvocato non poté ritornare a Caltagirone. I numerosi clienti acquisiti nelle ore successive lo costrinsero a fissare lo studio e la residenza a Catania.
A Catania diede le prove più luminose di una versatilità e di una fecondità intellettuale meravigliose: senza alcuno sforzo di preparazione sbalordiva il pubblico delle Assise nei processi più clamorosi dell’epoca e, insieme, raccoglieva l’ammirazione dei colleghi e dei magistrati; nel contempo con l’attività di giornalista affrontava i nodi di storture politiche e i “pezzi”, fra le righe della prosa densa di satira, lasciavano intravedere saggi critici di riforma.
All’inizio divenne collaboratore ordinario del “Corriere di Catania” e gli articoli firmati “Coquelin”, scritti in forma suggestiva e smagliante, attesi e letti con vivo interesse, venivano spesso riprodotti dai giornali della capitale. E così continuò per il quadriennio 1897-1900. In seguito fu tra i fondatori del quotidiano “La Sicilia”, con sottotitolo “Corriere delle Isole e del Mezzogiorno”, che iniziò le pubblicazioni il 20 dicembre 1901. Su questo giornale, di cui fu direttore per alcuni anni, con gli articoli firmati “Il Conte di Stein” scosse l’opinione pubblica di Catania e dell’Isola agitando temi politici, come la memorabile campagna per la libertà effettiva dell’esercizio del diritto elettorale e in forma specifica per la difesa degli interessi dell’Isola, che costituiscono il seme del “partito siciliano” che sorse – come vedremo – qualche anno più tardi.
Da segnalare i suoi articoli di critica teatrale, che si imposero per le osservazioni profonde. Non solo, ma attrici di fama come Tina Di Lorenzo e Virginia Reiter, che calcavano il palcoscenico del Teatro Massimo espressero il desiderio di conoscere l’autore.
Dopo quasi cinque anni di intensa collaborazione, nel 1905, non ritenendo di aderire alla linea man mano assunta dal giornale di portavoce di un “partito locale” portatore di interessi personali, decisa di cessare per rimanere estraneo alle contese di politica deteriore. Ma stare lontano dall’arena politica era ben difficile per Simili. Iniziava così altre esperienze e taluna con carica ideologica più marcata.
A Catania ad iniziativa di stimati docenti e professionisti era sorto nei primi mesi del 1906 il “Circolo radicale catanese”, cui seguì un settimanale politico “La Riforma”, organo del circolo (a. I, n. 1, Cat., 21 giugno 1906). Giornale, quindi, politicamente ed ideologicamente impegnato, come risulterà da alcune iniziative assunte. Del giornale divenne ben presto collaboratore e del Circolo radicale fu eletto presidente dall’assemblea del 20 aprile 1907 (vice presidente il prof. Francesco Guglielmino ). Si fece promotore, assieme a quest’ultimo di una manifestazione anticlericale pro Giordano Bruno (svoltasi il 17 marzo 1907 al Teatro Massimo, oratore il prof. Santi Consoli, sindaco di Catania).
Da oltre due anni era iniziato il “dramma” di Nunzio Nasi, lontano da casa dal 3 maggio 1903. La ribellione di Trapani trovava eco profonda e si propagava a tutta l’Isola. Con l’adesione di centinaia di Comuni, di sodalizi e di personalità illustri fu tenuto il 2 settembre 1906 un comizio al Politeama di Palermo. Fra gli oratori l’avv. Giuseppe Simili che “con brillantissima eloquenza, avanza l’idea di un partito siciliano, affermando il proposito di candidare la mia candidatura in tutti i collegi della Sicilia” (N. Nasi, Memorie, Roma, 1943, p. 248).
All’agitazione, promossa da Palermo, aderirono a Catania noti professionisti: cav. Paolo Arrabito (direttore de “La Sicilia”), Niccolò Giannotta (editore), Giambattista Scidà (notaio), ing. Giuseppe Pizzarelli (già sindaco di Catania), l’avv. Giuseppe Simili ed altri. Quest’ultimo pubblicò una “Lettera aperta al Re”, firmata “Il Conte di Stein” (cfr. “La Riforma”, n. 12, Cat., 13 aprile 1907), che Nasi nelle Memorie ricorderà “dovuta alla penna eccelsa di Giuseppe Simili”.
E ancora, domenica 21 aprile 1907 al Teatro Sangiorgi, fra i presenti il sindaco di Trapani, un comizio affollato in cui Simili difese la latitanza di Nasi dovuta agli abusi e alle persecuzioni, sostenendo la competenza del Senato a giudicarlo e la salvaguardia dei diritti alla difesa.
Negli anni fra il 1906 e il 1908 la Sicilia fu scossa dal caso Nasi e Giuseppe Simili contribuì con i comizi e con dieci articoli a propagare l’incendio nell’Isola e a galvanizzare masse crescenti verso un “partito siciliano” antigovernativo ed antiministeriale, a tal punto da impensierire Giovanni Giolitti, presidente del Consiglio, che per il tramite del prefetto di Catania Cesare Poggi gli offrì l’elezione a deputato in un collegio uninominale sicuro; la proposta fu respinta sdegnosamente da Simili.
Dicevamo all’inizio dell’oratoria di Simili “senza limiti e senza confini”. Nel 1909, l’elezione dello zio Benedetto Cirmeni rieletto per la sesta volta nel collegio di Militello, fu contestata con un ricorso che, dopo la fase istruttoria, fu discusso avanti la Giunta delle elezioni della Camera a Montecitorio, organo composto in prevalenza da giuristi ed avvocati ben noti. A Simili il compito di dimostrare la inconsistenza dei motivi e la regolarità del procedimento elettorale. Mentre perorava, l’on. Cesare Fani (vecchio parlamentare, l’anno dopo fu nominato ministro Guardasigilli) uscì fuori e ai colleghi riferì in modo concitato “C’è un giovane avvocato che sta parlando come un dio”. E accorsero tutti ad ascoltarlo. Riportò su un terreno diverso dalla giurisdizione penale una delle più splendide vittorie.
A Catania nascevano nel primo decennio nuovi quotidiani. Dal 1907 (e fino al 1910) ecco “L’Azione”, quotidiano monarchico, diretto dall’avv. Attilio Giusto. E Giuseppe Simili fu chiamato a collaborare, assieme a Luigi Capuana e a Giulio Capra Bascarini ed altri ancora.
Siamo all’inizio del secondo decennio del Novecento. L’attività di Giuseppe Simili diventava progressivamente sempre più intensa e diversificata. Trent’anni prima, studente adolescente, aveva pubblicato a Caltagirone un volumetto Menzogne di versi freschi, densi di sentimento ed anche originali. Ora si volgeva ad un altro genere: ecco il primo volume del teatro dialettale siciliano, che contiene le commedie Figghia d’oro, Scantulina, U’ scursuni (Catania, 1911), l’anno successivo il Teatro italiano in due volumi (Palermo, 1912). I lavori teatrali non interrompevano le arringhe; è del 1913 il processo contro Concetto Giancola: l’accusa della parte civile fu sostenuta da Simili.
Ma nuove sirene attirano i suoi interessi e lo lusingano nel senso più alto del termine. Nel 1914 l’Associazione liberale di Catania deliberò di fondare un giornale quotidiano, con lo scopo di lotta locale al partito allora al potere. Alla direzione del giornale il Consiglio di amministrazione chiamò due avvocati: Giuseppe Simili e Carlo Carnazza. Il quotidiano “Giornale dell’Isola” iniziò le pubblicazioni sabato 13 marzo 1915.
Dal 14 marzo al 3 dicembre 1915, in poco più di otto mesi, ben settanta gli editoriali di politica interna ed estera del condirettore Giuseppe Simili. Dopo l’articolo “Le rivelazioni di Sonnino” del 3 dicembre 1915, la censura soppresse gli articoli successivi. Il rammarico per “una scossa a tempo… impedendomi di continuare” è nella lettera “Alla commissione di censura” pubblicata l’8 dicembre successivo. Dopo “Buon Capo d’anno” del 1° gennaio 1916, che termina con l’augurio ed auspicio “Buon anno, o patria! I tuoi figli invocano su di te la vittoria e la pace. E tu l’avrai”, le dimissioni formali del 10 gennaio successivo.
Tutti gli articoli furono raccolti nel volume Nel tumulto della guerra (Catania, Giannotta, 1916). Una notazione interessante: anche la prefazione di Simili, molto lunga, fu tartassata dalla censura che impose ben dieci tagli!
Gli ultimi anni molto tristi. Pianse per l’onta immeritata che si abbatteva con Caporetto e per l’angoscia sulla sorte del primogenito Silvestro e del genero Vincenzo Patané.
Nel gennaio 1918 i primi sintomi del male che inesorabile lo trascinò alla morte il 2 marzo 1920. I quattro quotidiani catanesi “Corriere di Catania”, “La Sicilia”, “Il Giornale dell’Isola”, “La Provincia di Catania”, di cui fu collaboratore o direttore, misero in risalto le qualità del giornalista eminente; il Foro unanime e la Magistratura la perdita di un campione di eloquenza e di dirittura morale.
Concludiamo con il discepolo illustre Luigi La Pergola, che sintetizza mirabilmente la personalità dello scomparso “Oratore, avvocato, giornalista, commediografo diffuse con prodigalità i doni della sua arte ed i tesori del suo spirito vivido ed arguto, amando e lietificando la vita”.

[sulla vicenda siciliana di Nunzio Nasi si veda Popolarismo e nasismo in Sicilia]

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